Pensioni, aumenti per le minime ma non solo: queste le ultime notizie sul piano del governo e il mini-bonus

Il governo sta valutando un nuovo aumento per le pensioni minime già oggetto di un intervento lo scorso anno che ha portato questi trattamenti a 614,77 euro con un rialzo del 2,7% nel 2024.

Lo scrive l’Ansa spiegando che la misura è in scadenza è andrà rinnovata.

L’esecutivo sarebbe però intenzionato a fare di più portando le minime a 621 euro. Un aumento che andrebbe a sommarsi agli adeguamenti dei trattamenti all’inflazione.

Inoltre potrebbe esserci anche un mini-bonus.

L’aumento delle pensioni minime, come fa sapere today, è non da oggi una battaglia di Forza Italia che si è data come obiettivo quello di portarle a mille euro entro la fine della legislatura.

La maggioranza dovrà anche decidere cosa fare sulla rivalutazione degli assegni all’inflazione. Senza alcun intervento si tornerebbe al meccanismo a tre scaglioni (rivalutazione del 100% fino a 4 volte il minimo, 90% fra 4 e 5 volte e 75% oltre 5 volte) più generoso rispetto a quello introdotto lo scorso anno che invece è penalizzante per i redditi più alti.

Con l’inflazione in ritirata gli aumenti saranno comunque marginali.

Ipotizzando un tasso di inflazione dell’1,6% (in realtà il dato effettivo potrebbe essere anche più basso) chi ha una pensione di 1.000 euro netti ne guadagnerebbe appena 16 in più al mese.

Con una pensione di 1.500 euro l’aumento sarebbe di 24 euro. 

Per quanto riguarda i canali di uscita l’intenzione della maggioranza è confermare Ape Sociale, Opzione Donna e Quota 103 (con il taglio contributivo dell’assegno introdotto lo scorso anno).

Non sono previsti aumenti dell’età pensionabile. Tuttavia allo studio ci sarebbe anche un altro intervento per cercare di limitare i costi della spesa pensionistica.

L’idea è di incentivare i lavoratori del privato a lasciare il lavoro dopo i 67 anni concedendo a chi non va in pensione una sorta di bonus. Ovviamente la decisione sarà su base volontaria e non ci sarà nessun obbligo.

Una proposta analoga è stata avanzata anche per i dipendenti statali dal ministro della Pubblica amministrazione Paolo Zangrillo. L’obiettivo dichiarato è trattenere i lavoratori meritevoli fino a 70 anni, anche in questo caso su base volontaria. Una necessità messa nero su bianco anche nel documento strutturale di bilancio.

Nel pubblico impiego, si può leggere nel testo, “si prevede di rivedere e superare l’obbligatorietà di ingresso in quiescenza dei dipendenti pubblici definendo soluzioni che consentano un allungamento della vita lavorativa, permettendo alla Pubblica Amministrazione di trattenere le risorse ad elevato know-how e di conseguire un efficace passaggio di consegne.”