Dopo mesi di attesa si procede con piccoli aggiustamenti.
Quota 100, la norma per il pensionamento anticipato introdotta dal governo Conte I, e che scadrà il 31 Dicembre, prevede per i lavoratori l’opzione di andare in pensione una volta raggiunti i 62 anni di età e 38 di contributi.
La misura, molto costosa per le casse dello Stato e di cui hanno fruito circa 350 mila persone, è una delle bandiere della Lega.
Draghi da tempo ha deciso di non rinnovarla.
Si legge nella nota dopo il Cdm:
“Vengono previsti interventi in materia pensionistica, per assicurare un graduale ed equilibrato passaggio verso il regime ordinario”.
Ma qual è lo scenario più probabile?
La via potrebbe passare attraverso una transizione rapida di due anni, offrendo per il 2022 la possibilità di uscita con 64 anni d’età e 38 anni di contribuzione ai lavoratori in parte o totalmente “retributivi”.
In soldoni, si tratta di una Quota 102 di fatto e che nel 2023 si trasformerebbe in Quota 104 per 12 mesi prima, per poi rientrare nel 2024 nella riforma Fornero.
Inoltre, potrebbero esserci deroghe per i lavoratori “precoci” e per i lavori usuranti.
In Consiglio dei ministri la Lega ha espresso una “riserva politica”, confermata dalle parole del ministro Giorgetti al termine del Cdm:
“Sulle pensioni ci sono diverse ipotesi in ballo, ma ieri sera nessuna decisione su Quota 100 è stata presa.
Nei prossimi giorni si decideranno modalità e tempi delle modifiche del sistema pensionistico.
Escludo qualsiasi ritorno alla legge Fornero”.
Il braccio di ferro dunque continuerà fino al varo della legge di Bilancio.