Più cari cacao, caffè, carne e mobili: ecco da quando

La Commissione europea ha deciso di posticipare di un anno l’entrata in vigore del nuovo regolamento per combattere la cosiddetta ‘deforestazione importata’, un regolamento accusato dalle aziende europee di far aumentare la burocrazia e i costi per il settore, portando quindi a una crescita dei prezzi di prodotti come cacao, caffè, carne e mobili.

Today spiega la situazione: “Stiamo parlando del regolamento denominato Eudr (Regulation on Deforestation-free products), che si propone di impedire l’ingresso nei nostri mercati di prodotti che derivino dallo sfruttamento eccessivo delle aree boschive del pianeta.

Lo slittamento dal primo Gennaio 2025 al primo Gennaio 2026 per le grandi aziende e al 30 giugno 2026 per le piccole e medie imprese appare come una conquista per molti stakeholders che da tempo esercitavano pressioni per un posticipo dell’entrata in vigore della legge.

“Alla luce dei feedback ricevuti dai partner internazionali sul loro stato di preparazione, la Commissione propone di concedere alle parti interessate un periodo di tempo supplementare per prepararsi”, spiega un comunicato dell’esecutivo comunitario, che prosegue:

“Poiché tutti gli strumenti di attuazione sono tecnicamente pronti, i 12 mesi in più possono servire come periodo di introduzione graduale per garantire un’attuazione corretta ed efficace”.

La proposta di Bruxelles ora deve essere confermata da un voto di Parlamento e Consiglio Ue, che però appare scontato, visto anche che la proposta ha riscontrato al momento grande appoggio da associazioni di categoria e industriali.

“La proposta della Commissione Ue di posticipare di un anno l’applicazione del Regolamento Deforestazione è una vera boccata d’ossigeno per tutta l’agricoltura e il sistema allevatoriale”, ha esultato Cia-Agricoltori Italiani che aveva sollecitato un intervento in tal senso e che ora guarda con fiducia ad un esito favorevole.

Secondo l’associazione di categoria potrebbero essere evitati palesi danni alla produttività delle aziende agricole e agroalimentari.

Gli stringenti oneri burocratici ai quali il provvedimento vincolerebbe le imprese del blocco sono stati oggetto di critica anche del Partito popolare europeo che da tempo si è aggiunto alla sua già lunga schiera di oppositori.

“Il Ppe spingeva con forti pressioni politiche per il rinvio, perché occorre dare tempo e strumenti alle imprese agricole per adeguarsi alle nuove norme.

La nuova maggioranza europea, che vede il Ppe più forte, sta attenuando e rivedendo gli estremismi green dell’ex commissario socialista Timmermans”, ha dichiarato l’eurodeputato di Forza Italia, Flavio Tosi.

“Senza una gradualità e un periodo transitorio c’è il rischio di caricare di burocrazie e oneri le imprese e di impattare sull’intera filiera agricola, in particolare quella della soia e dei mangimi, che salirebbero di prezzo e calerebbero di disponibilità.

Tutto ciò avrebbe conseguenze inevitabili anche per le tasche dei consumatori.

Siamo quindi soddisfatti di questo primo cambio di rotta”, ha aggiunto Tosi.

A criticare la mossa sono stati invece gli ambientalisti.

Secondo loro Ursula von der Leyen, ancor prima di iniziare il suo secondo mandato come presidente della Commissione, starebbe già minando uno dei principali successi di quello precedente, il Green Deal europeo.

“La presidente von der Leyen sta di fatto dando il via libera alla deforestazione per continuare per altri 12 mesi in un momento in cui è necessario un intervento urgente per fermarla.

Minando uno dei principali successi del Green Deal europeo, questa decisione mette seriamente in dubbio l’impegno della presidente della commissione a rispettare le promesse ambientali dell’Ue”, ha dichiarato Anke Schulmeister-Oldenhove, un’alta funzionaria della politica forestale del Wwf.

“Ritardare la regolamentazione della deforestazione è un passo indietro nella lotta al cambiamento climatico.

Mette a rischio 80mila ettari di foresta ogni giorno, aggiunge il 15percento alle emissioni di carbonio, rompe la fiducia dei nostri partner globali e danneggia la credibilità dei nostri impegni sul clima”, ha sottolineato Virginijus Sinke