Dice il premier Mario Draghi nel suo intervento agli Stati generali della natalità:
“Un’Italia senza figli è un’Italia che non crede e non progetta.
È un’Italia destinata lentamente a invecchiare e scomparire.
Il governo si sta impegnando su molti fronti per aiutare le coppie e le giovani donne.
La consapevolezza dell’importanza di avere figli è un prodotto del miglioramento della condizione della donna, e non antitetico alla sua emancipazione.
Lo Stato deve dunque accompagnare questa nuova consapevolezza.
Continuare ad investire sul miglioramento delle condizioni femminili.
E mettere la società – donne e uomini – in grado di avere figli.
Al sostegno economico delle famiglie con figli è dedicato l’assegno unico universale.
Da Luglio la misura entrerà in vigore per i lavoratori autonomi e i disoccupati, che oggi non hanno accesso agli assegni familiari.
Nel 2022, la estenderemo a tutti gli altri lavoratori, che nell’immediato vedranno un aumento degli assegni esistenti.
Le risorse ammontano a oltre 21 miliardi, di cui almeno sei aggiuntivi rispetto agli attuali strumenti per le famiglie.
L’assegno unico ci sarà anche negli anni a venire, è una di quelle misure epocali su cui non ci si ripensa l’anno dopo.
La spesa sociale per le famiglie è molto più bassa che in altri Paesi come la Francia e il Regno Unito.
Già prima della crisi sanitaria, l’Italia soffriva di un preoccupante e perdurante declino di natalità.
Nell’anno della pandemia si è ulteriormente accentuato.
Nel 2020 sono nati solo 404.000 bambini.
È il numero più basso dall’Unità d’Italia e quasi il 30 per cento in meno rispetto a dieci anni fa.
Inoltre sempre nel 2020, la differenza tra nascite e morti ha toccato un record negativo: 340.000 persone in meno.
Oggi metà degli italiani ha almeno 47 anni: l’età mediana più alta d’Europa.
Le ragioni per la scarsa natalità sono in parte economiche.
Esiste infatti una relazione diretta fra il numero delle nascite e la crescita economica.
Tuttavia, anche nelle società che crescono più della nostra, la natalità è in calo.
Questo indica come il problema sia più profondo ed abbia a che fare con la mancanza di sicurezza e stabilità.
Per decidere di avere figli, i giovani hanno bisogno di un lavoro certo, una casa e un sistema di welfare e servizi per l’’infanzia.
In Italia, purtroppo, siamo molto indietro su tutti questi fronti.
I giovani fanno fatica a trovare lavoro.
Quando ci riescono, devono spesso rassegnarsi alla precarietà.
Sono pochi e sempre meno quelli che riescono ad acquistare una casa“.
Quello degli Stati generali della natalità è stato un evento al quale ha partecipato anche papa Francesco che si è espresso con queste parole:
“Penso con tristezza alle donne che sul lavoro vengono scoraggiate ad avere figli o devono nascondere la pancia.
Com’è possibile che una donna debba provare vergogna per il dono più bello che la vita può offrire?
Non la donna, ma la società deve vergognarsi, perché una società che non accoglie la vita smette di vivere.
I figli sono la speranza che fa rinascere un popolo!
Le famiglie in pandemia hanno dovuto fare gli straordinari, dividendo la casa tra lavoro e scuola, con i genitori che hanno fatto da insegnanti, tecnici informatici, operai, psicologi!
E quanti sacrifici sono richiesti ai nonni, vere scialuppe di salvataggio delle famiglie!
Ma non solo: sono loro la memoria che ci apre al futuro.
Come sarebbe bello veder crescere il numero di imprenditori e aziende che, oltre a produrre utili, promuovano vite, che siano attenti a non sfruttare mai le persone con condizioni e orari insostenibili, che giungano a distribuire parte dei ricavi ai lavoratori, nell’ottica di contribuire a uno sviluppo impagabile, quello delle famiglie!
È una sfida non solo per l’Italia, ma per tanti Paesi, spesso ricchi di risorse, ma poveri di speranza”.
E ancora Papa Francesco ha commentato anche l’introduzione dell’assegno unico:
“Finalmente in Italia si è deciso di trasformare in legge un assegno, definito unico e universale, per ogni figlio che nasce.
Esprimo apprezzamento alle autorità e auspico che questo assegno venga incontro ai bisogni concreti delle famiglie, che tanti sacrifici hanno fatto e stanno facendo, e segni l’avvio di riforme sociali che mettano al centro i figli e le famiglie.
Se le famiglie non sono al centro del presente, non ci sarà futuro; ma se le famiglie ripartono, tutto riparte“.