Pasquale Doria di “Matera Civica” denuncia:
“Continua la navigazione a vista in un mare di contraddizioni e incertezze crescenti.
Un eufemismo legato agli eventi che hanno caratterizzato le ultime sedute del Consiglio comunale.
Incertezze, ma anche autentico imbarazzo.
Si doveva discutere delle tragiche condizioni in cui giorno dopo sta precipitando l’Ospedale Civile di Matera.
Civile?
Ma quanto è realmente civile quello che accade nel quasi silenzio totale e apprendere dal presidente dell’Ordine dei medici che, tra le altre emergenze, la mancanza di ostetriche incentiva una forte migrazione sanitaria, un processo che incide significativamente sulla spesa a favore di altre realtà extraregionali.
Senza contare che i materani nascono altrove, ma non per scelta.
Insomma, si parte male dall’inizio e non è neppure l’emergenza più grave.
Nella stessa occasione, si è inoltre appreso che il presidente del Consiglio comunale, per quanto attiene il dibattito pubblico promosso in aula, avrebbe trasmesso l’invito a partecipare al Direttore Generale dell’Azienda sanitaria solo un giorno prima della convocazione del Consiglio.
Sarà il caso di riparare e organizzare una nuova audizione pubblica?
Smentite a parte, se la cosa corrisponde al vero è un fatto grave.
Del resto, questa maggioranza ci ha abituato a ingiustificati blackout, una clamorosa diserzione istituzionale considerato che solo pochi giorni fa nell’emiciclo c’erano unicamente i consiglieri comunali di opposizione.
È accaduto a valle dell’adunanza della massima assemblea cittadina convocata dal presidente, espressione super partes, non di parte, e vero assente ingiustificato.
Di seguito, passando alla vicenda del Consiglio comunale dedicato al grande malato della sanità materana, il Madonna delle Grazie, non si può certo evitare di sottolineare l’assordante silenzio non meno grave di esponenti del governo regionale, invitati per tempo e, però, anche loro assenti.
La memoria, a questo proposito, viaggia a buona ragione indietro negli anni.
I vituperati esponenti di centro e di sinistra, specialmente i democristiani e i comunisti poi divenuti Pds, ci mettevano la faccia.
Non avevano timore e le cronache in proposito non mancano.
Affrontavano a viso aperto momenti di confronto pubblico anche infuocati, non rinunciando a una pratica dialogica ormai tristemente in disuso, lontana nel tempo.
Che dire?
La dialettica politica può assumere toni aspri, mai però tanto meschini quanto eloquenti silenzi, esecrabili da qualunque parte provengano, sgarbi istituzionali che la comunità dei materani non merita.
I tempi, purtroppo, non sempre cambiano in meglio.
Indifferenza che merita una conseguente considerazione.
Su scala meridionale, Matera ha fatto registrare da sempre affluenze record alle urne.
Alle ultime votazioni politiche, tuttavia, solo un avente diritto su due ha deciso di raggiungere i seggi, il 50 per cento ha preferito fare altro.
Non è un evento da archiviare su due piedi, rappresenta piuttosto il segnale di uno scollamento tra istituzioni e cittadini, tra società e politica, una denuncia indiretta, eppure palese dei continui insulti alla democrazia che denuncia l’inverno del nostro scontento, come anticipato, mestamente costretti a misurare l’incerto spirito del tempo, devastato da pratiche autoreferenziali, infestato da eletti che rispondono solo a chi li ha messi in lista, raramente ai bisogni dei cittadini, che chiedono risposte credibili come quelle riguardanti l’insopprimibile diritto alla salute.
Ma non è tutto e non è un caso se nelle ambasce della disastrosa esperienza pandemica è maturato il momento in cui abbiamo realizzato all’unisono la cruda realtà dell’indebolimento del sistema sanitario nazionale.
Una distorsione, anche lessicale, che stiamo pagando a caro prezzo rispetto al diritto alla salute sancito dalla nostra Carta costituzionale.
Ma se qualcosa abbiamo davvero imparato da questa esperienza, dovremmo iniziare a rinunciare a una menzogna su tutte e alla quale sembra abbiamo fatto l’abitudine.
Non valutiamo più correttamente quanto distante sia dalle esigenze collettive quotidiane la sanità intesa come pratica sociale e non come procedura aziendale.
Non ci facciamo neppure più caso, siamo ormai assuefatti all’espressione Azienda sanitaria locale (nel Materano è indicata con la sigla Asm).
Un autentico paradosso.
Eppure, nei mesi scorsi, anche gli antistatalisti più incalliti hanno realizzato che la salute è un diritto e non la mera pratica di un’impresa commerciale, di un’azienda qualunque di bulloni.
Allora, se le parole non sono solo forma, ma anche sostanza, aboliamo la sigla Asl e Asm, oppure, al posto della lettera ‘A’ – non la si consideri una bestemmia – utilizziamo la parola Assistenza, che è una degna sostituzione, molto più onesta.
Assistenza sanitaria, quindi, e basta con questa storia del personale medico assimilato a una schiera d’imprenditori della salute, il loro umanesimo, e in particolare la loro umanità – ce ne siamo accorti tutti del valore – è insostituibile, ma sono pochi e troppo spesso costretti ad agire a mani nude.
I veri bestemmiatori sono quelli che non mettono al centro la persona”.