Riceviamo e trasmettiamo il testo dell’Omelia che Mons. Antonio Giuseppe Caiazzo, Arcivescovo di Matera-Irsina e Vescovo di Tricarico, ha pronunciato questa sera nella Cattedrale di Tricarico durante la Messa crismale:
“1. Carissimi confratelli nel sacerdozio,
«Oggi si è compiuta questa Scrittura che voi avete ascoltato» (Lc 4, 21). E’ esattamente in ognuno di noi e nel segno sacramentale che stiamo celebrando che questa parola trova compimento. La forza e la potenza dello Spirito Santo che invocheremo ci fa vivere la comunione presbiterale. Ma c’è di più: nel nome di Gesù e attraverso di lui, da ognuno di noi continuano a sgorgare sorgenti di grazia, come due fiumi, così come indica la stola sacerdotale che indossiamo, durante tutto il corso dell’anno.
Fra poco insieme (per la prima volta con voi), rinnoveremo le promesse sacerdotali. Chiederò a me stesso e a voi: “Volete unirvi più intimamente al Signore Gesù Cristo e conformarvi a Lui, rinunziare a voi stessi e rinnovare le promesse, confermando i sacri impegni che nel giorno dell’Ordinazione avete assunto con gioia?” Essere conformati a Cristo significa ritornare e rinvigorire quel legame interiore che ci permetta ogni giorno di superare quell’atteggiamento che porta a perseguire l’autorealizzazione.
“E’ richiesto, direbbe Benedetto XVI, che noi, che io non rivendichi la mia vita per me stesso, ma la metta a disposizione di un altro – di Cristo. Che non domandi: che cosa ne ricavo per me? bensì: che cosa posso dare io per Lui e così per gli altri? O ancora più concretamente: come deve realizzarsi questa conformazione a Cristo, il quale non domina, ma serve; non prende, ma dà – come deve realizzarsi nella situazione spesso drammatica della Chiesa di oggi?”.
In questa solenne concelebrazione eucaristica ringraziamo in modo speciale il Signore per gli anni di servizio episcopale in mezzo a voi del carissimo confratello Mons. Giovanni Intini, intimamente unito a noi nella preghiera; per il 60° Anniversario di ordinazione sacerdotale di Don Pietro Dilenge e per il 25° di Don Antonio Mario.
Permettete che il mio pensiero vada al confratello sacerdote D. Carmine Rotunno, nato recentemente alla vita eterna, ringraziando il Signore per l’offerta della sua vita a servizio della nostra Chiesa locale.
Vi chiedo di pregare per coloro che sono impediti ad essere presenti a questa celebrazione solenne a causa delle loro condizioni di salute precarie, come Mons. Rocco De Cicco e D. Leonardo Verri, o per anzianità, come D. Michele Pandolfi, Mons. Paolo Ambrico e D. Domenico Chirico; tra i missionari P. Vittorio Infantino; Mons. Stefano Sanchirico Prefetto dell’archivio apostolico e recentemente nominato Cappellano di Gran Croce dell’Ordine di Malta.
Un saluto particolare alla ricca vita religiosa e consacrata presente nella nostra Diocesi e ai nostri seminaristi presenti nel Seminario interdiocesano di Basilicata e in quello di Posillipo.
2. Questa solenne celebrazione ci pone in una speciale comunione, per la prima volta, con i confratelli sacerdoti dell’Arcidiocesi di Matera-Irsina, unita a questa di Tricarico nella mia persona di vescovo. Domani sera anche nella Cattedrale di Matera celebreremo la Messa Crismale. Come dirò anche domani, è iniziato un cammino di comunione che ci porterà a vivere e condividere diversi momenti di vita spirituale e pastorale, incominciando dalla prossima giornata di santificazione sacerdotale presso il Santuario della Madonna di Picciano, così come voi avete indicato.
Carissimi fedeli tutti, nella novità di quanto lo Spirito Santo ci sta indicando, facendo sgorgare una nuova fonte di grazia, la nostra Chiesa di Tricarico si vivifica e nello stesso tempo riedifica, rinnovandosi e purificandosi, allargando gli spazi non solo territoriali ma soprattutto di comunione con la Diocesi sorella di Matera-Irsina. Abbiamo tanto da dare ma nello stesso tempo da ricevere.
Mai come questa sera, nel tempo storico delle due Chiese, le parole di Isaia risuonano così impegnative e attuali, meglio ancora profetiche: «Lo spirito del Signore Dio è su di me, perché il Signore mi ha consacrato con l’unzione e mi ha mandato» (cf Is 61, 1-2).
Siamo sacerdoti, quindi ministri di Cristo, unti di Dio. La nostra vita ha senso nella misura in cui vivremo uniti a lui in modo tutto particolare, da innamorati per sentire la fecondità sacerdotale lasciando agire in noi e attraverso di noi il Signore che ci ha chiamati e inviati.
Da parte nostra la coscienza che siamo tutti indispensabili ma conservando quell’umiltà che ci fa essere dispensatori dei misteri di Dio, facendo sentire il profumo dell’olio del crisma e ungendo con lo stesso olio, in questa storia che è storia di salvezza che Dio sta scrivendo per noi e per il bene della Chiesa.
Gesù, concludendo la lettura di Isaia, dice: «Oggi si è compiuta questa Scrittura che voi avete ascoltato» (Lc 4, 21). Oggi, martedì 04 aprile 2023, mentre ringraziamo il Signore per l’istituzione del sacerdozio, a noi affidato, rileggiamo gli anni passati, sicuramente segnati da tanta gioia e soddisfazione ma anche da tanti fallimenti e sofferenze, guardando verso il futuro con rinnovato fervore. E così risuonano vere ancora una volta le parole del salmista che dice: «Con il mio santo olio ti ho consacrato; la mia mano è il tuo sostegno, il mio braccio è la tua forza.
La mia fedeltà e il mio amore saranno con te e nel mio nome s’innalzerà la tua fronte. Tu mi invocherai: «Tu sei mio padre, mio Dio e roccia della mia salvezza» (Sal 88).
3. Quest’anno la preparazione dell’olio del Crisma assume un significato tutto particolare perché viene offerto dal Diacono Antonio Spianato con la comunità di Montemurro in vista della sua ordinazione presbiterale. A questo si aggiunge l’olio offerto dalla Polizia di Stato di Palermo, tratto dal Giardino della Memoria di Capaci, confiscato alla mafia, e dal profumo del Bergamotto offerto dalla Diocesi di Locri-Gerace in Calabria.
In questi ultimi anni stiamo vivendo, toccando con mano, tanti momenti difficili, critici, di paura, dove la solitudine e l’impotenza ci hanno catapultato nell’incertezza, nonostante il sostegno e la speranza che abbiamo seminato tra la nostra gente, semplice, buona, ricca di valori, così come sto avendo modo di apprezzando visitando le diverse comunità parrocchiali.
Gente che ha avuto e ha bisogno di noi e della nostra testimonianza. Penso in particolare ai nostri giovani che hanno bisogno di essere aiutati a rimanere nella nostra terra, invocando con forza e determinazione alle istituzioni costituite, una progettualità a lungo raggio che permetta di valorizzare il nostro territorio, le nostre risorse. Abbiamo dei borghi bellissimi, unici in tutta Italia, ma purtroppo non conosciuti e con vie di comunicazione disastrate che incoraggiano l’isolamento.
Alla luce di queste considerazioni siamo invitati a metterci nell’atteggiamento di chi ascolta, facendo discernimento, per capire quanto lo Spirito dice alla nostra Chiesa (cf Ap 2, 7). Attingiamo a quanto Papa Francesco ci ricorda nell’Esortazione Apostolica Evangelii gaudium (n. 33): “La pastorale in chiave missionaria esige di abbandonare il comodo criterio pastorale del “si è fatto sempre così”.
Invito tutti ad essere audaci e creativi in questo compito di ripensare gli obiettivi, le strutture, lo stile e i metodi evangelizzatori delle proprie comunità. Una individuazione dei fini senza un’adeguata ricerca comunitaria dei mezzi per raggiungerli è condannata a tradursi in mera fantasia. Esorto tutti ad applicare con generosità e coraggio gli orientamenti di questo documento, senza divieti né paure. L’importante è non camminare da soli, contare sempre sui fratelli e specialmente sulla guida dei Vescovi, in un saggio e realistico discernimento pastorale”.
In aiuto, in questa fase, viene il Venerabile Servo di Dio Mons. Raffaello Delle Nocche. Nella Relazione al processo ordinario di Tricarico della Commissione storica, viene definito «uomo dell’Eucaristia» (cf. Positio II, 907-911). E’ di fondamentale importanza la conclusione quando dice: «Mons. Raffaello Delle Nocche non fu tanto un “uomo dell’Eucaristia” ma “uomo-Eucaristia”, uomo donato alla Chiesa e al mondo» (Positio II, p. 911).
Quattordici mesi dopo l’arrivo a Tricarico, il 4 ottobre 1923, Mons. Delle Nocche fonda una congregazione di suore, le Discepole di Gesù Eucaristico. Siamo nel centenario di fondazione. Se all’inizio hanno condiviso e sostenuto la sua azione pastorale, in seguito è stato allargato il loro raggio di presenza al resto d’Italia, all’Africa, all’Asia e all’America Latina. «Secondo il carisma del Fondatore, imperniato sull’adorazione eucaristica e un apostolato intriso di amore, mitezza e umiltà di cuore, le Discepole operano la loro missione evangelizzatrice nei settori educativi e caritativi delle Chiese locali più povere e in centri eucaristici aperti ai laici. Il loro motto è “Il Maestro è qui, e ti chiama”».
4. Noi sacerdoti, dunque, ripartiamo dall’Eucaristia! Ritorniamo al gusto eucaristico, non nel celebrare la Messa più volte al giorno, ma ognuno di noi sia “uomo-Eucaristia”, riaccendendo la gioia, l’entusiasmo, senza la paura di lasciarci inquietare. Il sacerdote non cerca la sistemazione, il posto di prestigio, ma si mette continuamente in gioco, rinnovandosi nel suo ministero.
Desidera ritornare sempre a quell’entusiasmo iniziale derivante dal suo “Fiat” definitivo il giorno dell’ordinazione.
Non dimentichiamo l’insegnamento di chi ci ha preceduti in questo ministero, come Don Pancrazio Toscano. Anche lui ha saputo leggere i segni dei tempi, intercettando il linguaggio della nostra gente nei suoi bisogni e necessità. Diceva: “…Pensavo alla necessità di un ricovero per i vecchi della mia terra. Provavo un profondo senso di pietà vedendo la miseria cenciosa trascinarsi per le vie, pitoccare il pane della carità e la pena cresceva vedendo i vecchi respinti alle porte… ”.
Ogni età della vita del prete è preziosa. Dagli anziani, contenti per quanto Dio ha fatto in loro e attraverso di loro: è meraviglioso quando un prete anziano riesce a trasmettere i suoi sogni a un prete giovane; ai sacerdoti maturi che hanno un tesoro prezioso in vasi di creta (cf 2 Cor 4, 7), capaci di rinnovarsi ogni giorno, cercando quei legami di fraternità sacerdotale con tutti, giovani e anziani, che fanno uscire dall’isolamento dei nostri piccoli e meravigliosi paesi; infine i preti giovani chiamati più degli altri ad intercettare il linguaggio di una umanità che parla esattamente il linguaggio contrario del Vangelo.
E’ fondamentale non rinchiudersi in schemi pastorali del passato, coltivando solo la religiosità popolare, ma aprendosi alla novità del Vangelo che non significa adeguarsi ai tempi, ma capire i tempi difficili che stiamo vivendo.
E’ importante coltivare, desiderare, pretendere legami di fraternità, uscendo da quelle certezze, tipiche della giovinezza, che spesso si rivelano tombe che spengono la speranza.
Dall’inizio del mio ministero episcopale continuo a ripetere: è finito il tempo di suonare le campane! E’ tempo di suonare i campanelli per non correre il rischio di diventare funzionari del sacro.
A tutti dico: non smettiamo di coltivare sogni in grande, con coraggio, entusiasmo, rinnovata vitalità, con il calore che arde nel cuore come i discepoli di Emmaus, con generosità.
5. Carissimi confratelli nel sacerdozio, soprattutto di questi tempi, credenti e non, devono cogliere lo zelo che ci anima per Cristo e per la sua Chiesa: innamorati del Vangelo che annunciamo.
Chiediamo, allora, a lui di riempire la nostra vita sacerdotale con lo zelo gioioso del suo messaggio, servi per amore e non per altri interessi. Guardiamo a Maria, Madre dolcissima, che ai piedi della croce siamo stati a lei affidati e a noi è stata affidata per camminare insieme, per le strade della vita, mostrando il volto della comunione e dell’unico presbiterio.
Ci affidiamo alla Madonna del Carmine e di Fonti, e all’intercessione dei Santi Potito e Pancrazio, lasciandoci accompagnare nella nostra missione, dal Venerabile Mons. Raffaello Delle Nocche e dalla Serva di Dio Maria Marchetta.
Così sia”.