Tutela Valbasento: ecco le 4 domande alla Regione Basilicata

«Salute e Ambiente: il ‘caso’ Valbasento».

Questo il tema fondamentale di cui si è discusso esattamente un mese fa in un pubblico incontro organizzato dal Movimento Tutela Valbasento nella Sala Consiliare del Comune di Pisticci.

Presenti anche gli Assessori regionali alla Sanità e all’Ambiente, Rocco Leone e Gianni Rosa, e i Sindaci di alcuni Comuni della Valbasento (Pisticci, Ferrandina, Bernalda, Craco, Pomarico, Salandra, Grottole).

Come fa sapere il Movimento Tutela Valbasento:

“È emerso con forza dal convegno un dato interessante, ossia la presenza delle istituzioni regionali anche nelle aree lucane più periferiche rispetto ai centri di potere decisionale.

Ecco perché crediamo in questo tipo di iniziative che possono supportare efficacemente l’operato di chi è chiamato ora ad amministrare la Regione Basilicata. Determinante resta il ruolo dei Sindaci che sono i principali organismi di prossimità della società civile. Diversi gli strumenti che la legge consegna nelle loro mani per la tutela della salute e dell’ambiente. Tuttavia, rilevanti sono soprattutto le competenze regionali, su cui le risposte sono state talvolta piuttosto evasive o fuorvianti.

Ecco perché offriamo al dibattito pubblico quattro grandi temi che possono essere di supporto per comprendere meglio problemi ambientali e sanitari affrontati con poca attenzione nel corso degli anni.

  1. TECNOPARCO VALBASENTO

Durante il convegno l’Assessore all’Ambiente Gianni Rosa ha dichiarato: «Questo governo regionale ha modificato l’AIA (originaria) di Total, (per cui adesso) neanche una goccia di acqua di lavorazione sarà sversata nel fiume Sauro» (…) «non serve più consumare ulteriore territorio, visto che le aree industriali ce le abbiamo già».

Cosa si vuole intendere con queste affermazioni? Che anche i reflui petroliferi di Tempa Rossa potrebbero essere smaltiti a Tecnoparco? Tutto questo ha dei collegamenti con la notizia/voce insistente degli ultimi giorni, secondo cui il Consorzio Industriale materano vorrebbe richiedere alla Regione Basilicata l’installazione di due nuove vasche nell’impianto di Tecnoparco?

Se si concretizzasse uno scenario del genere, la Giunta regionale farebbe finta di ignorare la condizione di “sostenibilità ambientale esaurita” in cui versa da decenni la Valbasento. Diversi, infatti, sono i documenti ufficiali (Legge n. 179/2002 e DGR n. 2815/2004) che portano ad una conclusione impietosa: stato di inquinamento gravissimo del suolo, del sottosuolo e della falda idrica sotterranea. Già per questo semplice motivo (che permise nel 2004 di fermare il progetto della Centrale Termoelettrica da 750 Mwe), sarebbe un atto di grave irresponsabilità continuare a trattare in quest’area dei rifiuti industriali pericolosi.

Tra l’altro, stando ai dati ufficiali del Registro E-PRTR sulle emissioni di Tecnoparco, emerge come persino l’utilizzo delle migliori tecnologie possibili di depurazione non garantisca sempre la fuoriuscita di acqua totalmente pura (immagine in allegato).

Alla luce di tutto ciò, non sarebbe opportuno fermare immediatamente l’impianto di depurazione dell’azienda secondo il principio di precauzione? In sede, poi, di riesame dell’AIA (scaduta in questo caso da oltre 3 anni!), non sarebbe più giusto introdurre un meccanismo di premialità/penalità per le aziende che hanno dimostrato più o meno virtuosità nel corso degli anni? Sorge, infine, spontanea una domanda: come la Regione Basilicata intende risolvere definitivamente l’annoso conflitto d’interesse che emerge dalla sua partecipazione, attraverso il Consorzio Industriale materano, nelle quote societarie di Tecnoparco Valbasento S.p.a.? Perché non pensare ad un nuovo sistema di sviluppo ecosostenibile che attiri davvero nuovi investimenti e nuovi posti di lavoro, visti gli indici occupazionali negativi registrabili al giorno d’oggi?

  1. MONITORAGGIO SALUTE

Secondo il 5° Rapporto SENTIERI per la Valbasento (fonte ISS) si registrano eccessi per la mortalità generale e per patologie cardiocircolatorie, respiratorie e tumorali. Ci sono criticità anche nel profilo di salute dei bambini e dei giovani. Solo una rigorosa indagine epidemiologica può giungere ad una conclusione certa su un eventuale rapporto tra rischi ambientali e patologie tumorali. La V.I.S. (Valutazione di Impatto Sanitario) può essere una risposta. Si pone, infatti, l’obiettivo di valutare come un intervento sul territorio possa indurre cambiamenti nello stato di salute della popolazione esposta. Essa prevederebbe innanzitutto il monitoraggio dei parametri ambientali che hanno rilevanza sui potenziali effetti sanitari, e poi l’osservazione  degli indicatori più propriamente sanitari secondo una tempistica più appropriata. Non è adeguato, invece, il progetto EpiBas per la sorveglianza sanitaria, in quanto circoscritto su un piccolo campione di persone della sola area di Pisticci Scalo. Alla luce di tutto questo, quali studi epidemiologici si intendono portare avanti e secondo quale tempistica?

È stata istituita, tra l’altro, con la Legge 29/2019 la Rete nazionale dei Registri Tumori e dei Sistemi di Sorveglianza. D’ora in poi, ogni Regione dovrà garantire ed assicurare l’invio dei flussi di dati, attraverso il referto epidemiologico. Per fare ciò, però, occorre risolvere il problema relativo alla georeferenziazione del Registro Tumori alla luce di tutte le criticità ambientali lucane: se una persona, infatti, vive a Matera ma lavora in Valbasento e si ammala lì per un’esposizione lavorativa ambientale, quel dato va in carico a Matera e non a Pisticci, falsando così inevitabilmente la precisione del Registro Tumori. La Regione Basilicata come intende muoversi su questo fronte? Perché le Aziende Sanitarie non pubblicano un bollettino aggiornato sullo stato sanitario della popolazione, nonché i numeri dei lucani con codici di esenzione ticket 048 (patologie neoplastiche), 024 (insufficienza respiratoria cronica), 058 (bronchite cronica ostruttiva) ecc.?

  1. BONIFICA S.I.N. VALBASENTO

L’area industriale della Valbasento è stata classificata dalla Legge n. 179/2002 come Sito inquinato di Interesse Nazionale (S.I.N.) che necessita di urgenti misure di bonifica. Essa presenta, senza dubbio, caratteristiche di elevato rischio ambientale e sanitario. Si sono tenute finora più di 40 conferenze di servizi a livello centrale. In data 19.06.2013 è stato sottoscritto un accordo di programma per gli interventi di caratterizzazione, messa in sicurezza e bonifica delle acque di falda e dei suoli con 5 accordi attuativi. A che punto sono i procedimenti? Quanti anni ci vorranno per bonificare tutta l’area industriale vincolata? Quali sono le società che concorrono alla bonifica? Sono idonee a tale ruolo e hanno un capitale sociale tale da garantire un risarcimento danni in caso di errori nella fase di bonifica?

Bonificare l’area continuando a sottoporla ad un rilascio cronico di metalli pesanti nel fiume Basento non è un controsenso? Oppure la “ratio” della bonifica è quella di sistemare la questione dal punto di vista burocratico per poi permettere di re-inquinare in futuro l’area industriale?

Com’è possibile che alcuni agricoltori e allevatori continuano a svolgere le loro attività nelle aree ufficialmente contaminate del SIN Valbasento? Chi provvede ai controlli sulla catena alimentare di tali prodotti, potenzialmente nocivi per la salute umana, che rischiano di giungere sulle tavole dei cittadini?

  1. SISTEMA DEI CONTROLLI E DEI MONITORAGGI

In Val d’Agri si conduce da anni un monitoraggio  continuo dell’H2S, al contrario della Valbasento. Com’è noto, nel 2014, a Pisticci Scalo, a seguito dell’unica campagna di misure effettuata da ARPAB sull’idrogeno solforato, si registrarono in neanche 20 giorni di rilevamento più di 200 sforamenti. Continui i miasmi che si sono ripetuti negli anni, fino ai giorni nostri, con una mancata applicazione delle prescrizioni in materia di emissioni odorigene. In Val d’Agri, inoltre, ci sarebbero dei limiti più stringenti riguardo alle emissioni di H2S rispetto a quanto applicato in Valbasento (come si legge nel DGR n. 983 del 06.08.2013). Come mai queste differenze tra le due zone industriali? Come è possibile che non esista in Valbasento un tale monitoraggio? L’ARPAB ha mai effettuato uno studio sull’andamento dei venti nella zona di Pisticci Scalo, al fine di posizionare correttamente le sue centraline?

Inoltre, la Direttiva 2010/75/UE (par. 4 art.3) afferma che le ispezioni delle installazioni soggette ad AIA devono non solo verificare il rispetto delle prescrizioni contenute nell’autorizzazione, ma anche effettuare monitoraggi sui rischi sulla salute, a prescindere dal rispetto delle prescrizioni autorizzatorie. Tale norma è ripresa dal comma 11 ter, art. 29-decies del D.L. 152/2016. L’impianto di Tecnoparco è soggetto, tra l’altro, alla V.I.A. (anch’essa scaduta da oltre 3 anni), la quale comporta una valutazione del parametro salute pubblica nel piano di monitoraggio, non presente nella VIA del 2010. Si potrebbe, pertanto, parlare anche di una mancata applicazione della VIA ex post, come afferma una recentissima sentenza della Corte di Giustizia europea (12/11/2019 causa C261-18). Non risulta, infatti, che, in questi mesi, l’ARPAB abbia mai effettuato monitoraggi a sorpresa né dell’H2S nell’aria di Pisticci e Ferrandina Scalo, né dei metalli pesanti o della radioattività presenti nel fiume Basento a monte e a valle di Tecnoparco, nonostante le persistenti lamentele dei cittadini della zona. Come ovviare a queste mancanze?

Per tutelare la salute e l’ambiente delle popolazioni che si affacciano sulla Valle del Basento servono, dunque, risposte urgenti. Motivo per cui chiediamo che venga istituita una apposita cabina di regia inter-istituzionale, con la partecipazione dei comitati di cittadini, per avviare e seguire i procedimenti opportuni, ma anche che gli stessi comitati possano, in quanto portatori di istanze, partecipare alle Conferenze di Servizi sia per la bonifica del SIN (come già avvenuto in passato per il SIN di Pitelli in Liguria) che per il riesame delle varie autorizzazioni ambientali, a scadenza”.